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Rassegna Stampa

Rassegna Stampa


Il Crotonese 1/9/2016 

 Nessuna azione nemica si  fa strada l'ipotesi dell'esplosione a bordo


Il Crotonese 1/9/2016 

Un ingegnere belga con la passione per i relitti in mare 


Il Crotonese 30/8/2016:

Il relitto del Foca individuato nei fondali davanti alla Libia


Marinai d'Italia Aprile 2016:

50° Anniversario Istituto Nautico "Mario Ciliberto" MAVM


Il Crotonese 28/11/2015

Professionisti dei trasporti


Il crotonese 26/11/2015

La scuola che da mezzo secolo dà una buona rotta ai giovani


Il Crotonese 3/11/2015

Ciliberto ed il silenzio del Foca




Biografia Livio Dogliotti

 

Livio Dogliotti


Il Sottocapo Livio Dogliotti viene ritratto in questa foto quando è ancora imbarcato nel Sommergibile Aradam, Classe Adua, come rivela, ad un ingrandimento, il nastro del berretto.

Livio nasce a Montegrosso d’Asti da Vincenzo Dogliotti e Secondina Binello   che successivamente si trasferiscono a Montaldo Scarampi, un comune non lontano da Montegrosso. Ha (almeno) dieci fratelli: Aldo, Ada, Giulia, Clelia, Ernestino, Mario, Ezio, Virgilio e Luciana.


 

Si arruola giovanissimo nella Regia Marina e successivamente, dopo aver firmato per il periodo di ferma quinquennale, viene ammesso alle “Scuole Specialisti” del C.R.E.M (Corpo Reali Equipaggi di Marina) frequentando probabilmente la scuola  di S. Bartolomeo a La Spezia.

Le Scuole  C.R.E.M. sono i centri di formazione della R. Marina e sono articolate su tre poli a livello nazionale: La Spezia, Pola e Venezia.

Alla fine della scuola, dopo aver superato l’esame, per l’allievo comincia il tirocinio in mare. L’imbarco avviene generalmente su di una unità di superficie e solo successivamente  viene eventualmente destinato ad una Unità subacquea.  

Dopo aver lasciato il sommergibile "Aradam"  ed essersi  imbarcato nel "Foca" Livio invia alla sorella Ada questa cartolina (inedita) del varo, dove si può vedere accanto al "Foca", a Sx, l’unità gemella, il Sommergibile "Zoea", ancora in costruzione.

 

 

Il 12 Ottobre del 1938 invia ai suoi genitori ed ai  fratelli questa cartolina che ritrae il Foca in navigazione. 

  

Nel retro della  cartolina  scrive  una bellissima dedica rivolta ai suoi familiari

“ … perché ricordino l’unità di imbarco del caro Livio – Nel più profondo degli abissi.


Questa foto ritrae Livio in posa davanti al Foca ormeggiato in banchina.

 


 Qui lo vediamo (al centro) insieme a due commilitoni sul boccaporto.



"Il sorriso, quell’aria vagamente da scugnizzo rendono solare la foto in contrasto con l’espressione più contenuta, accigliata dei due compagni e il “freddo” ferro del sommergibile. La canottiera del compagno e l’abbigliamento in genere ci fanno capire quali fossero poi le reali condizioni di vita durante la navigazione.”   

(Livio Mandelli nipote di Livio Dogliotti)


L’ultima foto ritrae Livio in un momento di relax.


 


Questa è l'immagine, tranquilla e spensierata, che i genitori, le sorelle, il cognato Carlo ed i loro discendenti conservarono nei loro cuori aspettando invano il ritorno di Livio.


Ringraziamenti

Si ringraziano sentitamente  Adriana Dogliotti, figlia di Virgilio Dogliotti, e Livio Mandelli, figlio di Luciana Dogliotti,  per il materiale fotografico e per le informazioni fornite che hanno permesso di realizzare questa biografia trasferendoci con grande sensibilità anche i loro ricordi e le loro emozioni.


Il relitto del "Foca"

Il relitto del Foca

 

Nel mese di Agosto del 2016 Jean-Pierre Misson, analizzando il tracciato sonar registrato quattro anni prima, nell’estate del 2012, in acque Libiche nella baia  di Marsa El Hilal, si accorge che l’ultimo di quattro relitti individuati appartenente ad un sommergibile che giace a 50 metri di profondità, non è quello di un battello della classe 600 della lunghezza di 62 metri, come aveva creduto in un primo momento, ma appartiene ad un sommergibile ben più grande, di oltre ottanta metri di lunghezza.

Misson ha già compilato una lista di sommergibili “compatibili” per  area di scomparsa e riscontrando i primi particolari si accorge che quel quarto relitto potrebbe appartenere ad un sommergibile Italiano, il R. Smg Foca.

Nel giro di pochissimi giorni, confrontando il materiale fotografico e progettuale del “Foca” disponibile in rete, giunge alla conclusione che si tratta con ragionevole certezza del relitto del Sommergibile Foca.

Quali sono gli indizi che lo hanno portato a questa conclusione?

Quanto afferma Misson è compatibile con quello che conosciamo del Foca?

Vediamo.

 

Il Smg. Foca poteva trovarsi lì?

 

  • Il Foca, partito da Taranto per compiere una missione di posa di 20 mine di fronte al porto di Haifa doveva eseguire al ritorno due tipi di prove utilizzando le 16 mine rimanenti. Viene quì riprodotta la copia integrale ed inedita del documento originale conservato negli archivi dell'Ufficio Storico della Marina Militare, gentilmente concessa da  Giulio Grilletta.

 

 

  • La rotta da seguire prevedeva il passaggio dell’Unità al largo di Ras El Tin  - che si trova poco lontano, ad oriente di Marsa El Hilal -  come dichiarato nel messaggio di Maricosom. Anche per questo messaggio viene riprodotta la copia del documento originale conservata negli archivi dell'Ufficio Storico della Marina Militare, gentilmente concessa da Giulio Grilletta.

   

  

Al Ritorno, navigando  in prossimità delle coste “amiche” della Libia (allora Italiana)  transita a 15 miglia circa a nord  di Ras El Tin e poco dopo getta l’ancora  nella baia di Marsa El Hilal.  

Nel  messaggio del Comando in Capo della Squadra Sommergibili a Marilibia Bengasi si legge:

 “prevedasi transito sommergibile Zoea et Foca provenienti da levante e diretti Nord-Ovest a circa 15 miglia a Nord-Est Ras il Tin rispettivamente giorno 16 et 17 corrente”.

Ras El Tin si trova circa 18 miglia più a sud di Marsa El Hilal e transitando al largo di Ras el Tin di 15 miglia, secondo una rotta est ovest ci si trova proprio in prossimità della baia di Marsa El Hilal.

 

E' compatibile.

 

 

Le dimensioni possono essere quelle del Smg Foca?


  •  Secondo le rilevazioni  sonar di Misson lo scafo che giace sul fondo a Marsa el Hilal ha una lunghezza tra gli 80 e i 90 metri.

 Il Foca era lungo 82 metri.

 E' compatibile.

 

I danni rilevati sono compatibili con un incidente?

 

  • Lo scafo presenta uno squarcio nel lato sinistro e una parte della  poppa è mancante. 

Il Foca doveva posare uno sbarramento sperimentale di mine utilizzando gli ultimi 16 ordigni, (Vedi "Ordine di Operazione n° 102" prove a) e c) del paragrafo C) a pag. 2) ma non doveva fare le prove di scioglimento dei perni di sale riservate alle Mine P.A. (costruite da Pignone – Firenze) imbarcate dallo Zoea che ospitava per la supervisione il Capitano A.N. Bencivenni. 
Lo squarcio al fianco Sinistro è in prossimità del tubo posamine Sx . Un ordigno (in uscita?) potrebbe essere esploso a poppa (mancanza di parte della poppa) provocando una ulteriore esplosione nel tubo  di espulsione di Sx.

Ricordiamo che le unità gemelle "Zoea" ed "Atropo" incorsero in questo tipo di incidenti. 

Il Smg ZOEA (C.C Bernabò) partì da Taranto la sera del 29 giugno 1940 per posare uno sbarramento circa 100 miglia a ponente di Alessandria. Giunto in zona il 4 luglio iniziò la posa, ma dopo emesse le prime sei armi avvertì due esplosioni molto vicine. Fatte uscire altre due armi che erano già pronte e quindi non trattenibili a bordo senza pericolo, interruppe l'operazione e rientrò alla base.

Il Smg ATROPO (C.C. Manca) avrebbe dovuto posare uno sbarramento a Sud dell'isola di Zante suddividendo le mine in cinque gruppi. Iniziò l'operazione la notte del 29 ottobre 1940 ma dopo la sedicesima arma fu costretto a sospendere l'operazione a causa dell'esplosione prematura di due armi. Rientrò alla base.

(Da "La guerra di mine", pagg. 380-381)

I danni rilevati da Misson sono quindi coerenti con quanto accaduto agli altri due battelli.

 

L'ancora

 

  • L’ancora non è nel suo alloggiamento ma sul fondo, con una notevole lunghezza di catena. Questo starebbe ad indicare che il Foca, al momento dell'Incidente, era all'ancora.

 

Come potrebbe spiegarsi questo?

Cosa potrebbe essere successo in quel lontano mese di Ottobre del 1940?

 

Il Foca aveva probabilmente compiuto con successo la missione ad Haifa ed  era sulla strada del ritorno.

Si trovava  all'ancora nella baia di Marsa El Hilal dove non esisteva all'epoca nessuna infrastruttura portuale, in acque Italiane e con alcune mine a bordo, probabilmente alcune di quelle destinate alle "prove".

Qualcosa va storto e uno o più ordigni esplodono provocando un enorme squarcio sulla fiancata sinistra che fa affondare il sommergibile con i suoi 69 uomini, nella baia di Marsa el Hilal, molto vicino alla costa, a 50 metri di profondità, nella posizione approssimativa  di  32°  54'  44"  N         22°  12'  32"  E,  proprio sotto il pedagno della foto seguente, messo lì da Jean-Pierre Misson l'11 Agosto del 2012.



 Il "pedagno" che segnala la presenza del relitto


 

Marsa El Hilal 1942, foto tratta da "In Guerra sul mare" di E. Bagnasco - Albertelli - 2005

 

Nella foto del 1942 si vede il piccolo pontile, unica opera portuale (che non esisteva nel 1940) della allora desolata baia di Marsa El Hilal.

 

 

 

La baia di Marsa El Hilal come era nel 1940 




La baia di Marsa El Hilal ed il Capo omonimo


 


Il punto dove si trova il relitto 



Ras el Hilal e Marsa el Hilal  visti dalle colline


La documentazione sonar di Misson


 

Immagine sonar - vista globale 


La stessa immagine raffrontata con la sagoma del sommergibile

 


Correlazioni tra l'immagine sonar a mezza nave e l'immagine del Foca

 

 


Il Particolare dello squarcio sulla fiancata sinistra del relitto 


 


Lo squarcio riportato nella tavola di progetto


 

Altri particolari - in evidenza le due mitragliatrici

 

 

Un particolare importante - Ancora e catena che giacciono sul fondale

 

 

Ricerca discendenti dei membri dell'equipaggio del Sommergibile Foca


Si ringrazia Jean-Pierre Misson per la documentazione gentilmente concessa e per l’impegno profuso nell'identificazione del relitto del "Foca", la sepoltura dei nostri cari a Marsa El Hilal.


Il Relitto dell' "Argonauta"

 

R. Sommergibile  ARGONAUTA 2°

 

L'Argonauta in uscita dal porto di Messina

“L’ ARGONAUTA era un bel battello di oltre 600 tonnellate di dislocamento, lungo 61,5 metri, capace di immergersi fino alla profondità di 80 metri, che per quell’epoca era una quota di tutto rispetto. Aveva una velocità di 14 nodi in superficie e 8,5 nodi in immersione. Era armato con un cannone da 102 mm, 4 mitragliere antiaeree e 6 tubi lanciasiluri da 533 mm (4 a prora e 2 a poppa). L’equipaggio era costituito da circa 50 uomini, di cui 5 o 6 erano gli ufficiali. 

Costruito presso i Cantieri C.R.D.A. di Monfalcone (GO), era stato impostato 9 novembre 1929, varato il 19 gennaio 1931 e consegnato alla Marina il 1° gennaio 1932. Allo scoppio della 2ª G.M., l’ ARGONAUTA era inquadrato nella 61ª Squadriglia del VI Gruppo Sommergibili di base a Tobruk (Libia). 

All’inizio delle ostilità (10 giugno 1940) l’ARGONAUTA, al comando del Ten. di Vascello Vittorio CAVICCHIA SCALAMONTI, era uno dei 55 battelli già in agguato nel Mediterraneo. Ad  esso, insieme ad altri sommergibili, era stata assegnata la zona di mare compresa fra l’isola di Creta e le coste egiziane, dove era da attendersi traffico marittimo da e per lo stretto di Suez e per la base inglese di Alessandria d’Egitto. E da questa base, infatti, si muovevano le navi “antisom” inglesi che cercavano di liberare quelle acque dall’insidia dei nostri sommergibili.

L’ARGONAUTA rimase in agguato, in un punto a circa 100 miglia a nordest di Alessandria, fino al 21 giugno, rilevando agli idrofoni (gli orecchi subacquei del sommergibile) una notevole attività delle navi antisom, ma senza riuscire ad agganciare e attaccare alcun bersaglio. Occorre tenere presente che, secondo la dottrina d’impiego dei sommergibili allora vigente, i battelli avevano libertà di movimento piuttosto limitata: per evitare pericolose interferenze fra di loro, a ciascuno di essi veniva assegnato un “quadratino” di mare, dal quale non dovevano assolutamente uscire, bensì restare in attesa che le navi nemiche attraversassero la zona assegnata. Lo sconfinamento dalla propria area verso quella contigua assegnata ad altro sommergibile era pericolosissimo: in mancanza di appropriati mezzi di riconoscimento (allora; oggi, con l’elettronica, non più), considerato che in un duello fra sommergibili sopravvive quello che colpisce per primo, è accaduto purtroppo che il Smg. TRICHECO silurasse ed affondasse il Smg. GEMMA il quale, certamente per errore, era entrato nell’area del primo. È successo anche in altre Marine.

Le navi avversarie, invece, numerose spazzavano liberamente il mare e così, il giorno 21, l’ARGONAUTA viene individuato e sottoposto ad un intenso e preciso bombardamento con cariche di profondità. Con pronte manovre evasive (il sommergibile, quando scoperto ed attaccato da navi da guerra, preferisce questa tattica e reagisce soltanto se non ha più possibilità di scampo), il battello riesce a sfuggire alla caccia del nemico, ma ne esce con numerose avarie, fra le quali, grave, l’inutilizzazione del periscopio d’attacco, senza il quale è praticamente cieco.

In queste condizioni, l’ARGONAUTA è costretto ad interrompere la missione e a rientrare alla base, Tobruk, dove giunge nel pomeriggio del giorno 22. Le avarie vengono riparate alla meglio, ma quella base non è attrezzata per la sostituzione del periscopio e, quindi, viene deciso di mandare il battello a Taranto, dove l’Arsenale potrà agevolmente effettuare il lavoro.
Così, alle 21.45 del 27 giugno, l’ARGONAUTA salpa da Tobruk, naviga lungo le coste libiche fino all’altezza di Capo Ras el Hilal (la punta più a nord di quel tratto di costa) e quindi affronta la traversata con rotta all’incirca nord-nord-ovest, puntando su Capo Colonne (nelle vicinanze di Crotone). 
Dopo la partenza non si hanno più sue notizie.”

(Da  www.Regiamarina.net)

 

Negli archivi si trovano almeno due  ipotesi sulla scomparsa dell’Argonauta

“Due sono le azioni antisommergibile che possono con ogni probabilità aver determinato la fine dell'Argonauta:

  • un attacco con bombe di profondità compiuto alle 6.15 del 29 giugno dai cacciatorpediniere britannici DaintyDefender e Ilex(cui parteciparono anche altri due cacciatorpediniere, il Decoy ed il Voyager) in posizione 35°16' N e 20°20' E, nel corso dell'operazione britannica «MA 3» (se così fosse, l'Argonauta fu affondato a circa un terzo del percorso)[2][3][4] (tale versione è quella più nota e generalmente accettata);
  • un attacco (due passaggi con lo sgancio di bombe) compiuto da un idrovolante Short Sunderland alle 14.50 del 29 giugno contro un sommergibile a quota periscopica, nel punto 37°29' N e 19°51' E, ritenendo di aver affondato tale battello (data però la velocità dell'Argonauta, sembra poco probabile che potesse trovarsi in quella posizione, troppo avanzata).”

(Da Wikipedia e www.sommergibili.com )

 Si fa strada però una terza consistente ipotesi,  avvalorata dalle rilevazioni sonar di Misson, e cioè che il sommergibile, dopo la riparazione sommaria  effettuata a Tobruk, nella rotta di rientro a Taranto, o per necessità o per procedura, abbia effettuato una sosta  nella baia di Marsa El Hilal (al largo della quale avrebbe dovuto comunque transitare), in acque Italiane, l’ultima sosta prima di affrontare la traversata che lo avrebbe portato a “Capo Colonne” (Crotone) e poi in porto a Taranto.

Non dobbiamo dimenticare che per i sommergibili in difficoltà esisteva una “procedura segreta” come si evince (Giulio Grilletta) dall’Ordine di Operazione n° 102.

Alla voce “8°) - Comunicazioni", al punto "b)" è scritto testualmente: "Nel caso di avaria o inconvenienti il sommergibile si valga della procedura segreta convenzionale stabilita da questo Comando in Capo con la circolare D3.S.RP. in data 14.6.940.XVIII".

Di questa procedura (allora) “segreta” per il momento non conosciamo il contenuto, ma potrebbe riportare indicazioni, seguite anche da Smg. Foca, che portano i battelli proprio nella baia di Marsa el Hilal, la punta più settentrionale della Cirenaica.

Dal momento che il relitto si trova all’interno della baia, il battello non doveva trovarsi in navigazione, non poteva essere lì se fosse stato solo in transito. Nel corso di questa sosta “tecnica” o “forzata”   è accaduto qualcosa di grave che ha portato all’affondamento dell’”Argonauta”. Un particolare inquietante, secondo le analisi di Misson sulle immagini sonar, è che un portello risulta essere aperto.

Con l’ARGONAUTA sono scomparsi:

- Ten.Vasc. Vittorio CAVICCHIA SCALAMONTI, Comandante
- S.Ten.Vasc. Renato ROSSI, Ufficiale in 2ª
- Cap.(GN) Luigi STEFANI, Direttore di Macchina
- S.Ten.Vasc. Giuseppe SORGE, Ufficiale di Rotta
- Guardiamarina Gregorio ROSATI, Ufficiale alle Armi
- C° 1^ cl. Otello BONDI
- C° 2^ cl. Umberto AMMAZZALORSO
- C° 3^ cl. Giovanni CONTA
- 2°C° Giuseppe CORBO
- 2°C° Corrado FARINOLA
- 2°C° Gualtiero GALANTINI
- 2°C° Gioacchino PISTOLESI
- 2°C° Mario TORRESINI
- 2°C° Cesare VITALI
- Sgt. Giuseppe AUGELLI
- Sgt. Pietro CEROTTI
- Sgt. Aniello MENNELLA
- Sc. Claudio CARLINI
- Sc. Giovanni CUTUGNO
- Sc. Calogero LA GRASSA
- Sc. Sebastiano LICCIARDELLO
- Sc. Matteo MARINO
- Sc. Francesco RITACCA
- Sc. Guido TURCOLIN
- Com. Gildo ALLEGRETTI
- Com. Carmine BARBATO
- Com. Salvatore BATTIATO
- Com. Carlo BONISSONE
- Com. Giuseppe BURLANDO
- Com. Angelo CONSIGLI
- Com. Mario COZZI
- Com. Alberto DI VANNO
- Com. Luigi DOMINICI
- Com. Umberto FONTI
- Com. Walter FRANCHEO
- Com. Luigi FULGHERI
- Com. Giuseppe GELAO
- Com. Modesto GEROSA
- Com. Angelo IONNETTI
- Com. Alberto LUCIDO
- Com. Angelo MANARA
- Com. Giuseppe MANGRAVITI
- Com. Angelo PRESTIPINO
- Com. Tommaso RUBINO
- Com. Mario SALZANO
- Com. Mario SERRA
- Com. Ugo VILLANI
- Com. Vittorio VITTI

 

 

 

 

  

Il Smg. Argonauta in bacino


 

La falsa torre del Smg. Argonauta


 

Disegni costruttivi

 

Le immagini Sonar di Misson

 

 Vista   generale

 

 

Prime correlazioni tra immagine sonar e tavola di progetto

 

 

Particolari evidenziati da Jean-Pierre Misson a mezzanave

 

Disegno di progetto a mezzanave

 

 

Altre correlazioni a poppavia

 

 

Altri particolari evidenziati da Misson

 

  


La posizione del cannone e dei relativi contenitori di munizioni nei disegni di progetto

Immagine sonar dei contenitori delle munizioni


Contenitore munizioni - particolare


Tra tutti i sottomarini Italiani gli unici che montavano i contenitori delle munizioni in coperta erano quelli della serie Argonauta. Questo è uno dei particolari che ha guidato Misson nell'individuazione del relitto.




La posizione dei periscopi e del portello di coperta, altri dettagli che confermano che il relitto è quello del sommergibile Argonauta.

 

Ricerca discendenti dei membri dell'equipaggio del Sommergibile Argonauta


Si ringrazia Jean-Pierre Misson per la documentazione fornita e per l’impegno profuso nella ricerca del luogo di “sepoltura” dei nostri cari.

Jean-Pierre Misson

Jean-Pierre Misson

 

 

Un ingegnere belga con la passione per i relitti in mare

Vive a Bruxelles, ma col Nord Africa ha un rapporto che data da molti anni. Ingegnere nel settore delle telecomunicazioni, Jean-Pierre Misson ha lavorato in Libia negli anni Sessanta occupandosi di ponti radio governativi. In quel Paese è tornato nel 2012 su invito del Libyan Department of Antiquities per contribuire all’addestramento di personale locale nella ricerca archeologica subacquea con tecniche nuove. Proprio quell’anno, durante una perlustrazione col sonar, è stato possibile localizzare diversi relitti sui fondali di Marsa el Hilal. Nessuna immersione, ma solo l’acquisizione di immagini che sono state successivamente elaborate con un apposito software e interfacciate con i dati tecnici di scafi e armamenti di unità andate perdute nel Mediterraneo e le relative fonti storico-militari. E’ così, attraverso un lungo e paziente lavoro, sorretto da una profonda passione per la ricerca subacquea, che Misson ha potuto finora identificare i relitti dei sommergibili Urge, Argonauta e Foca e della nave cisterna Picci Fassio. Dopo Marsa el Hilal, la sua base operativa per nuove esplorazioni col sonar al largo della costa nordafricana è diventata Tabarka, in Tunisia. Ci sono altri relitti laggiù che, nulla osta delle autorità permettendo, attendono anche di essere identificati.

Giulio Grilletta - Giornale "Il Crotonese" del  1° Settembre 2016